Ci sono periodi in cui per andare avanti serve tornare indietro. Quando disegno, quando faccio le mie pitturine ossia quando cerco il modo più sincero e preciso per esprimermi procedo per filoni. Mi piace esplorare una vena fino a quando inevitabilmente si esaurisce. Bello è bello, divertente è divertente, ma poi succede che si arriva alla fine, all’esaurimento scorte di idee. Al blocco, alla tristezza di non aver più niente da dire. Da pitturare.

A quel punto è necessario entrarci, nel vuoto che si è creato. A furia di mettere cose, inserire elementi, approfondire temi lo spazio è finito e paradossalmente il troppo pieno genera un buco grosso, il buco del non ci sta più nulla. Non sono bei momenti, c’è lo smarrimento che si prova quando cerchi di ritrovare l’entusiasmo e non lo trovi proprio più. C’è anche la sensazione che hai sbagliato tutto, stavi andando per una strada che non ti porta a nulla, stavi credendo in una cosa che non è vera, non esiste.

Ma è da quel vuoto che si riparte. Non è facile, sei persa nel nulla e non hai la più pallida idea di dove devi andare. E a questo punto sai che c’è? Non devi andare, devi smettere. Lasciare che il tempo e la vita ti riprendano per mano. Lasciare la mano libera di agire senza criticarla o giudicarla. C’è da ritornare alle origini e ripartire. E le origini sono sempre lì, quando non hai ancora condizionamenti, dolori, fatiche, malanni e soprattutto non sei vittima del giudizio. Non giudicarti, mi dico, non fare l’errore di censurarti.

Regredire non è quella cosa negativa che sembra. Mica sempre, ma a volte è necessario farlo per ritrovare la parte curiosa, la parte curiosa che cura. La cura è attenzione, no?

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